L’Atp rivoluziona il circuito maschile introducendo delle regole anti-caldo basate sull’indice Wbgt, tra pause di raffreddamento e possibili sospensioni.
Dopo una serie di tornei segnati da condizioni climatiche davvero estreme, con giocatori piegati dal caldo, crampi, disidratazione e persino ritiri, l’Atp ha deciso finalmente di concedere quello che molti tennisti, negli ultimi mesi, avevano chiesto a gran voce. Mettere ordine e introdurre, cioè, una nuova heat policy che entrerà in vigore nella stagione 2026.

La decisione nasce da situazioni difficili come quelle vissute al Masters 1000 di Shanghai, dove, come senz’altro si ricorderà, la combinazione di temperature elevate e umidità soffocante ha messo in crisi più di un big, Jannik Sinner in primis: lo stesso italiano ha dovuto abbandonare una partita dopo aver sofferto crampi intensi sotto il sole che, in quella circostanza, sembrava proprio non perdonare.
La nuova heat policy si basa sull’indice Wbgt, lo standard internazionale che non misura soltanto la temperatura dell’aria, ma anche umidità, radiazioni solari e vento, per dare un quadro realistico dello stress termico a cui sono esposti i giocatori.
Tennis, l’Atp cambia marcia contro il caldo
Per effetto di questa nuova policy, e per porre rimedio ai disagi che avevano messo a dura prova anche Novak Djokovic, quando l’indice Wbgt supererà i 30,1°, sarà possibile richiedere una pausa di raffreddamento di 10 minuti dopo il secondo set dei match al meglio dei tre. Durante questo “break”, i giocatori potranno idratarsi, cambiare abbigliamento e persino farsi una doccia sotto la supervisione medica.

Se il Wbgt, invece, dovesse raggiungere livelli ancora più estremi e spingersi oltre i 32,2°, il gioco potrà essere sospeso; la partita riprenderà soltanto dopo che le condizioni si saranno stabilizzate sotto le soglie di sicurezza.
L’Atp ha deciso, infine, di allineare il tour maschile alle policy già in uso nel circuito femminile e nei tornei del Grande Slam, dove pause e sospensioni per condizioni ambientali critiche sono ormai una pratica consolidata. E, aggiungeremmo, anche molto saggia.



