Vagnozzi celebra Sinner lasciandosi andare ad una rivelazione in un post social: talento, mentalità e umanità in un ritratto che va oltre il campo.
Simone Vagnozzi non ama parlare troppo di quello che accade dietro le quinte del secondo giocatore più forte al mondo. Eppure, nelle scorse ore, a coronamento di una stagione che definirla straordinaria sarebbe riduttivo, il coach di Jannik Sinner ha scelto delle parole che pesano più di un titolo.

“Grande atleta e grande uomo”: così ha definito il suo pupillo, riferendosi non solo alle imprese sul campo, effettivamente incredibili, ma anche all’uomo che è diventato. Lui conosce il percorso di Sinner più di molti altri. Lo ha visto crescere, trasformarsi, affrontare momenti di difficoltà e reagire. E nel post non elogia solo la sua potenza o la sua tecnica, ma la sua mentalità, la costanza e la dignità con cui vive ogni momento, in campo come fuori.
Il fatto che un coach esalti “l’uomo”, oltre che l’atleta micidiale che è, assume un valore speciale. E non è neanche troppo implicito, a leggere il post, che si riferisca al modo in cui Sinner ha dovuto ricostruire, resettare, trovare una via per essere più forte. Perché la sua crescita non è stata solo tecnica, ma anche umana, soprattutto da quando l’affaire Clostebol è “entrato” nella sua vita minacciando la sua carriera e la sua reputazione.
Vagnozzi tira fuori il vero Sinner
Dopo questo elogio, doveroso, Vagnozzi si è lasciato andare ad una confessione sull’obiettivo che Sinner, evidentemente, intende raggiungere.

“Un’annata piena di successi – si legge nel suo post – ma anche complicata, con momenti difficili… dove la differenza la fanno quei piccoli dettagli a volte impercettibili. La verità è che questo team nei momenti più difficili si compatta ancora di più. Ognuno prova a mettere una parte di sé per uscirne ancora più forti, spinto da quell’ossessione nella ricerca di una perfezione impossibile“.
La perfezione non esiste, è vero, ma l’idea di Jannik, e con esso del resto del suo team, è quella di avvicinarcisi il più possibile. Una testimonianza preziosa, dunque, quella del suo allenatore, che rivela come un coach possa non essere solo un allenatore, ma un testimone privilegiato della trasformazione più autentica.



