Non solo vittorie e record: Jannik Sinner entra ufficialmente nella lingua italiana. Quando un campione “costringe” il dizionario ad aggiornarsi.
C’è un momento preciso in cui capisci che un atleta ha superato lo sport ed è entrato nella cultura. Per Jannik Sinner, quel momento è arrivato quando, nei giorni scorsi, la Treccani ha ufficialmente registrato un neologismo ispirato a lui. Non un premio, non una coppa, non l’ennesima vittoria: una parola. E non una qualunque, ma un termine che fotografa alla perfezione ciò che oggi l’azzurro rappresenta nel tennis mondiale.

Sinner non è più soltanto fortissimo. È diventato “ingiocabile” in senso letterale. Talmente dominante, talmente solido, talmente superiore da costringere la lingua italiana ad aggiornarsi.
Il concetto alla base di questa piccola rivoluzione è assai semplice: non si tratta più di raccontare le sue prestazioni, ma di descrivere una sensazione collettiva. Quella che provano gli avversari che entrano in campo sapendo di avere poche, pochissime, chance. Quella del pubblico che assiste a un match che, nella maggior parte dei casi, è a senso unico, ma comunque elettrizzante.
Sinner “inventa” una parola senza saperlo
Sinner oggi non è solo un campione con la “C” maiuscola, dunque, ma un vero e proprio parametro. Un metro di misura. La consacrazione linguistica è arrivata in un momento chiave della sua carriera, quando non ha più bisogno di dimostrare nulla ma continua comunque a farlo. Senza eccessi, senza teatrini, senza proclami. Vince, convince e intanto si prende anche la lingua italiana.

Il bello è che tutto questo avviene mentre lui resta esattamente com’è: poco incline all’autocelebrazione, più interessato al prossimo allenamento che a tutto il contorno.
Eppure, quando una parola nasce da un atleta, vuol dire che quell’atleta ha cambiato il modo in cui parliamo del suo sport. E da oggi, per spiegare certi match, certe vittorie, certe superiorità, una scorciatoia c’è. Basta una parola. Sinner, che da fenomeno è diventato sinonimo di un aggettivo che, in effetti, lo qualifica alla grande.



